Quando un servizio su larga scala va offline, come accaduto ieri con Amazon Web Services (AWS), la prima reazione è quasi sempre la stessa: “Siamo sotto attacco?”.
In questo caso, però, la realtà è meno sensazionale, pur rimanendo critica: i blackout cloud possono derivare anche da problemi interni piuttosto che da attività malevole. Capire queste cause è essenziale per progettare sistemi resilienti e ridurre al minimo l’impatto dei disservizi.
In questo articolo vedremo come distinguere le vere origini dei blackout cloud e quali strategie adottare per prepararsi al prossimo blackout digitale.
È davvero un attacco informatico?
Spesso vediamo servizi digitali molto utilizzati sparire temporaneamente dalla rete, scatenando subito sospetti di attacchi informatici.
Un esempio recente è il disservizio globale di Amazon Web Services (AWS), inizialmente ipotizzato come attacco. L’analisi tecnica, però, ha rivelato un problema di risoluzione DNS legato a DynamoDB. Nessuna attività malevola, solo un’anomalia interna.
Situazioni simili si sono verificate anche in passato. Nel giugno 2021, un aggiornamento distribuito da un cliente su Fastly ha introdotto un bug che ha messo offline piattaforme come Reddit, Twitch e siti governativi. Anche in questo caso, nessun attacco esterno: si trattava di un errore interno non rilevato in fase di test.
Infrastrutture complesse = errori complessi
La lezione è chiara: più complessa è l’infrastruttura, maggiore è la probabilità di errori sistemici. Anche un piccolo malfunzionamento può propagarsi rapidamente, causando disservizi a catena.
Le aziende cloud hanno investito molto nella difesa dagli attacchi esterni, ma nessuna protezione può eliminare completamente il rischio di errore umano o comportamento inatteso dei sistemi automatizzati.
Perché un attacco totale è improbabile
Un attacco informatico capace di causare il collasso completo di infrastrutture come AWS è estremamente difficile da realizzare. Alcuni motivi:
- Distribuzione geografica: le infrastrutture cloud sono distribuite su più regioni. Colpire tutte contemporaneamente richiede risorse e coordinamento fuori dalla portata della maggior parte delle minacce
- Investimenti in sicurezza: le aziende spendono miliardi ogni anno per proteggere i propri sistemi, riducendo la superficie di attacco
- Obiettivi economici: gli attori malevoli puntano di solito a guadagni più diretti, come furto di dati, ransomware o cryptojacking.
Detto ciò, monitorare segnali anomali e mantenere visibilità sui sistemi resta fondamentale.
Prepararsi al prossimo down
Anche se non sempre prevedibili, i blackout cloud non sono inevitabili. Esistono diverse strategie per ridurre al minimo l’impatto delle interruzioni e garantire la continuità dei servizi.
1. Architettura Multi-AZ e Multi-Regione
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Multi-AZ: distribuire risorse su più Zone di Disponibilità (Availability Zone) all’interno della stessa regione riduce il rischio di guasti locali.
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Multi-Regione: per proteggersi da disservizi regionali, progettare infrastrutture attivo-attivo su più regioni aumenta significativamente la resilienza.
2. Piani di disaster recovery differenziati
Ogni organizzazione dovrebbe adottare un approccio al ripristino proporzionato al proprio livello di rischio:
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Backup e ripristino: semplice ma con tempi di recupero più lunghi
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Pilot Light: replica minima pronta a essere attivata in caso di guasto
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Warm Standby: sistema ridotto in produzione, pronto a subentrare in caso di failover
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Active-Active: doppia infrastruttura operativa in parallelo per massima continuità.
3. Strategie multi-cloud e ibride
Affidarsi a un solo provider concentra il rischio. Distribuire i carichi su più piattaforme cloud e integrare ambienti on-premise migliora la resilienza complessiva e la capacità di risposta agli imprevisti.
4. Uso di CDN e caching
Le Content Delivery Network (ad esempio CloudFront o Cloudflare) distribuiscono i contenuti statici su nodi globali. In caso di malfunzionamento del backend, la cache consente comunque di offrire una buona esperienza utente.
5. Osservabilità e testing
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Monitorare le performance in tempo reale permette di rilevare anomalie prima che diventino critiche
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Test periodici con tecniche di chaos engineering aiutano a identificare punti deboli e a migliorare i meccanismi di failover, rafforzando la resilienza dell’intera infrastruttura.
Tirando le somme
I blackout cloud continueranno a verificarsi, anche senza interventi malevoli. La vera sfida è saper reagire efficacemente.
Le organizzazioni resilienti, con architetture distribuite e piani di continuità ben rodati, riusciranno a mantenere la fiducia degli utenti anche nei momenti di crisi.
Oggi, in uno scenario iper-digitalizzato, la domanda non è “chi ha colpa?”, ma “quanto siamo pronti a gestire l’imprevisto?”.
Analisi di Vasily Kononov – Threat Intelligence Lead, CYBEROO